L’appello al partito del parlamentare reggiano, protagonista nello staff elettorale del presidente Bonaccini
Intervista con Evaristo Sparvieri alla Gazzetta di Reggio, dopo la vittoria di Stefano Bonaccini alle elezioni regionali del 26 gennaio 2020.
«Come centrosinistra dovremmo iniziare a vivere alcune sfide con meno preoccupazione. A fronte di una fiducia espressa dai nostri sindaci e dai nostri amministratori di poter fare l’impresa, c’è stata una parte del gruppo dirigente, a Roma, nella quale ho riscontrato sfiducia e pessimismo, a diversi livelli». E poi: «Il Pd reggiano? Le preferenze hanno dato un risultato sotto gli occhi di tutti, a partire dalle 15mila preferenze di Alessio Mammi, che non mi stupiscono. Visto che questa competizione elettorale si è conclusa, penso sia opportuno che il Pd reggiano insieme ai suoi nuovi consiglieri, ai parlamentari, agli amministratori e alla classe dirigente provi a disegnare una nuova fase politica. Dobbiamo tornare a parlarci per un progetto collettivo».
È stato nello staff che ha sconfitto la “Bestia” salviniana, consegnando la vittoria al presidente Stefano Bonaccini, del quale è stato anche sottosegretario regionale. E ora, per il parlamentare reggiano Andrea Rossi, è il momento di tracciare un bilancio di una campagna elettorale durissima, dopo la quale si toglie qualche sassolino dalla scarpa. «Nessuno metta il cappello sulla vittoria di Stefano – afferma Rossi – sin dall’inizio della campagna elettorale, secondo me in modo imprudente ma mai in modo ufficiale, Stefano è stato troppo spesso bersaglio di critiche, dal look fino alla decisione di correre senza simboli, passando per il colore dei manifesti. Il dato oggettivo, alla fine, è che da come è stata definita questa strategia il vincitore è uno solo: Stefano Bonaccini».
Rossi, si aspettava una vittoria di queste proporzioni?
«Ci sono due dati secondo me da sottolineare: sono stati recuperati qualcosa come 135mila voti di scarto fra centrodestra e centrosinistra rispetto alle Europee e Bonaccini si posiziona per oltre 180mila voti sopra la sua avversaria, recuperando complessivamente 310mila voti, un dato straordinario. E poi: i primi 150mila voti sono arrivati dal voto disgiunto, una percentuale di poco inferiore al 10%. Un dato che non trova precedenti a livello regionale, dove i presidenti non hanno mai spostato più del 2,4% sulla propria persona. Bisogna riconoscere il suo grande lavoro in questi cinque anni: un lavoro capillare su ogni territorio, umile perché consapevole che dopo la bassa affluenza del 2014 c’era da ricostruire un rapporto con le persone. Stefano è stato in grado di tenere insieme una dimensione popolare di ascolto e la capacità di portare grandi investimenti, come ad esempio il Data Center a Bologna, per il futuro della Regione. Un riconoscimento non banale lo vorrei però fare anche a Paolo Calvano, segretario regionale Pd: è stato straordinario e troppo spesso criticato negli ambienti di partito. Parte del risultato è anche merito suo. Credo sia giusto gli sia riconosciuto».
Resta il fatto che ci sono intere zone della provincia e della regione a forte trazione leghista. Si pensi all’Appennino. Come spiega questo dato?
«Mi sembra riduttivo ricondurre tutto al punto nascite, per quanto importante. Penso ci sia da riflettere, in modo molto sereno. La Regione in questi anni ha investito tanto sulla montagna. Penso alla variante di Ponterosso, al settore lattiero-caseario, al sistema delle aree interne, agli investimenti della fusione di Ventasso, ai finanziamenti per l’impiantistica del turismo invernale, per dirne alcuni. Evidentemente c’è qualcosa di più profondo che va indagato, una preoccupazione che va ascoltata. Tutti noi dobbiamo sentirci impegnati per comprendere gli umori di quelle comunità periferiche che non abbiamo saputo ascoltare e raccogliere».
Alla vigilia, però, l’esito del voto non era affatto scontato. Avete avuto paura di perdere?
«Diversamente da qui, dove c’era fiducia, a Roma c’era un clima di crescente preoccupazione…».
Forse era una preoccupazione anche per un’eventuale vittoria… Ora Bonaccini può diventare leader nazionale, non crede?
«Innanzitutto la vittoria ha cambiato il sentimento complessivo, ora molto più rilassato. La vittoria poi è un risultato positivo per il governo, aiuta a stabilizzare la legislatura e ad avere una maggioranza stabile. Quanto a Stefano, continuerà a fare il governatore, anche se è chiaro che rappresenta un valore aggiunto per il partito. In fondo è l’uomo che ha sconfitto Salvini, vincendo una sfida che lo stesso Salvini ha voluto diventasse politica».
Potrebbe essere l’uomo giusto per il prossimo congresso Pd, annunciato per marzo?
«A maggio ci sono sei Regionali importantissime, dalla Toscana alla Campania. Io credo sia meglio fare il congresso dopo queste tornate elettorali. Portare a casa il risultato dovrebbe essere prioritario. Dopo ci sarà tutto il tempo per un congresso ordinato, costituente, che rimetta al centro i rapporti sia con il centro che con la sinistra, aprendo a Leu, Calenda, Italia Viva e raccogliendo il meglio della società civile, dalle Sardine al popolo del FutureForFridays».
E Reggio? Anche il Pd Reggio dovrà scegliere un nuovo segretario, visto che Costa dopo l’elezione diventa incompatibile. Anche qui le diverse anime non sempre hanno convissuto serenamente.
«Le preferenze hanno dato un risultato sotto gli occhi di tutti. Ora dobbiamo tornare a parlarci, senza rancori e senza ipocrisia. Non sempre ci si è parlato fino in fondo in questi anni. Lo dobbiamo ai militanti, ai volontari, a chi fa le feste, a chi tiene vivi i circoli. Il risultato straordinario di Stefano è stato anche il risultato di una mobilitazione straordinaria».
Sembra una bocciatura dell’attuale segreteria provinciale e una candidatura alla successione…
«Nessuna candidatura. Io sono disponibile a dare una mano, come in questa campagna elettorale, senza pretendere nessuna ricompensa».
Dare una mano anche per il buco di FestaReggio?
«Io vorrei dare una mano per risolvere le situazioni generate da eventuali screzi, adesso che abbiamo chiuso le partite su amministrative e regionali».
Restano però gli screzi per entrare nella giunta Bonaccini. Reggio può ambire a due assessorati?
«Reggio è la realtà in cui Bonaccini e il Pd hanno ottenuto le percentuali più alte. Penso che in modo trasparente e sincero possa rivendicare un’adeguata rappresentanza e sono sicuro che Stefano terrà in considerazione questo territorio. Detto questo, non c’è solo la giunta. Ci sarà un lavoro del presidente e del segretario regionale per consentire le migliori condizioni di rappresentanza. Stefano ha il piglio di saper cogliere elementi di innovazione, di non piegarsi solo su un bilancino di aree e territori, e spero che abbia la capacità di fare scelte che diano un valore aggiunto in freschezza e dinamicità. È quello che ci dice il voto e lui ha la possibilità di osare. Ma mi permetta una considerazione personale, visto che sono un casalgrandese-centrico».
Ovvero?
«Non posso che essere contento del risultato del Pd a Casalgrande: penso che rappresenti da un punto di vista politico il valore di questa comunità nelle sue dimensioni, una comunità che per oltre il 50% ha votato centrosinistra. Se c’è una cosa che ammetto non mi è piaciuta è stata la polemica, dal sapore molto elettorale, del sindaco Daviddi a poche ore dal voto, rispetto agli investimenti sulle infrastrutture. Se c’è una Regione che ha fatto investimenti in questi anni è stata quella a guida di Stefano Bonaccini. Le polemiche del sindaco a poche ore dal voto le ho lette come un velato schieramento. Vorrei che lo faccia in modo più trasparente… Ma mi fermo qui…».
Si riferisce anche all’incontro con Salvini in Comune?
«Quello è stato solo un errore di gioventù».