Più forte è il Partito Democratico, più forte sarà l’alleanza alternativa a una destra sovranista

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Care amiche e cari amici,

nella giornata di lunedì i problemi che hanno fatto saltare i server mondiali dei principali social network non sono stati clementi con chi voleva informarsi e commentare in tempo reale i risultati elettorali. Quindi, telecomandi alla mano, ci siamo rifugiati sulle maratone televisive e abbiamo ripristinato i vetusti sms che utilizzavamo tanto prima dei gruppi di Whatsapp.

Già prima dell’arrivo di Facebook e dello sbarco dei temi politici all’interno dei social, è sempre difficile risalire alla responsabilità delle sconfitte elettorali che risultano spesso orfane, mentre questa difficoltà non si riscontra sulle vittorie, che pertanto hanno tanti artefici. 

Solitamente, vittorie e sconfitte sono valutate attraverso diverse chiavi di lettura, con giudizi e valutazioni molto personali e soggettivi. Un dato certo e inconfutabile relativo a queste elezioni, come riportato su tutti i quotidiani, è che il Partito Democratico e il centrosinistra ne escono da vincitori, in attesa dei ballottaggi tra due settimane che potrebbero regalare – me lo auguro- altre soddisfazioni.

GRANDI CITTÀ CAPOLUOGO

Nelle sei grandi città capoluogo di regione che sono andate al voto, in tre si è vinto al primo turno: a Milano con Beppe Sala (57%), a Bologna con Matteo Lepore (62%) e a Napoli con Gaetano Manfredi (63%). Sono risultati numerici molto diversi dalla precedenti amministrative del 2016, mentre nelle altre tre grandi città, Roma, Torino e Trieste, dove non eravamo al governo, arriviamo al ballottaggio contro il centrodestra, archiviando così anche l’esperienza amministrativa pentastellata delle sindache Raggi e Appendino. 

A Roma, Roberto Gualtieri raccoglie il 27% dei consensi, alcuni punti sopra le previsioni, e a Torino Stefano Lo Russo arriva primo con il 43,9 per cento. Infine, a Trieste il candidato di centrosinistra Francesco Russo sfiderà il sindaco uscente, nonostante il margine di voti significativo che li separa. Sarà un ballottaggio importante per il centrosinistra in una città che ha sempre guardato al centrodestra: infatti quando si vinse negli anni ‘90, fu Riccardo Illy a conquistare la poltrona di primo cittadino, un professionista espressione del civismo, candidato in un contesto politico completamente diverso da quello attuale. Naturalmente guardiamo con grande interesse a cosa succederà tra due settimane.

COSA CI DICE QUESTO VOTO?

Ecco perché, secondo me, il Partito Democratico ottiene questo risultato positivo:

I nostri candidati sono preparati e riconoscibili. Persone conosciute nelle città, espressione della classe dirigente diffusa e interlocutori attenti di diverse espressioni civiche, dei vari corpi intermedi e stakeholders.

• In molte città, è presente un elemento di continuità con le amministrazioni precedenti, segno di una buona amministrazione come a Bologna, Ravenna e Rimini. Ho avuto la possibilità di conoscere direttamente i protagonisti di queste amministrazioni, e il lavoro compiuto dai sindaci uscenti è stato molto positivo e trainante per i risultati delle elezioni di domenica e lunedì. Il caso di Rimini è significativo: la città, nelle ultime tornate elettorali politiche, registrava nel 2018 un consenso per il centrosinistra non superiore al 35%, leggermente più alto se prendiamo le regionali del 2020 con il 45 per cento. Non da ultimo, le divisioni interne al centrosinistra avevano portato l’ex vicesindaca, sostenuta dal Movimento 5 stelle, a sfidare Jamil Sadegholvaad, il candidato indicato dal sindaco uscente Andrea Gnassi, che ottiene invece un risultato inaspettato e quindi straordinario, vincendo al primo turno con il 51,3% dei voti. In questo caso, bisogna assolutamente riconoscere a Gnassi la sua grandissima capacita politica e amministrativa: in questi dieci anni è stato un ottimo sindaco per una città in grande trasformazione, dinamica e vero punto di riferimento della Riviera romagnola come Rimini.

Il Partito Democratico, quando si pone come forza aggregante, può diventare competitivo per concorrere alla guida del nostro Paese: un partito che si posiziona come perno e collante, in modo umile e costruttore, di una nuova alleanza di centrosinistra che guarda al 2023. In questo risultato bisogna riconoscere il lavoro svolto dal segretario attuale, Enrico Letta, che con umiltà si è messo a disposizione del partito e del centrosinistra. E lo ha fatto anche in prima persona nel collegio di Siena, dove il risultato non era scontato, a causa del contesto socioeconomico fortemente scosso dalla vicenda Monte dei Paschi, attraverso una campagna capillare di contatto e relazione con la comunità senese e aretina, raccogliendo il consenso di un elettore su due. Una bella vittoria che porterà il segretario tra i banchi della Camera, rafforzando il gruppo parlamentare e, di conseguenza, il supporto del PD al governo Draghi. 

Il Partito Democratico deve essere innovatore, e attento a raccogliere le istanze per tenere insieme le forze che ruotano attorno al centrosinistra. Infatti, abbiamo potuto notare che quando il centrosinistra è largo, dalla componente più moderata alla componente più di sinistra, fino all’alleanza con il Movimento 5 Stelle (tornerò sui 5 stelle più avanti) i risultati sono importanti e si vedono. Questo non vuol dire abbandonare la vocazione maggioritaria: si può continuare ad avere una visione maggioritaria nel centrosinistra, allargando il dibattito all’interno di contenitori di idee e di pensiero, utili alla crescita di tutti. Più forte è il PD, più forte sarà l’alleanza alternativa a una destra sovranista.

Il Partito Democratico ha mantenuto in questi anni un profilo di partito responsabile. Se per alcuni detrattori sembrava essere un problema, perché veniva tacciato di essere privo di identità, ciò si è invece dimostrato un punto di stabilità per la società italiana. Il partito ne esce premiato, con il sostegno convinto al governo Draghi sia nelle politiche economiche sia nelle difficili decisioni sulle politiche sanitarie. Un partito che ha sempre avuto una posizione chiara e netta in merito alla salute, non ondivago su temi caldi e impopolari come vaccini e green pass, e che ha sostenuto il governo nelle scelte, prendendo decisioni non semplici, in un periodo storico straordinario come quello attuale. Una linea spesso criticata, ma alla fine premiante.

• Il Movimento 5 stelle si conferma un soggetto politico che fatica nelle competizioni territoriali e i risultati, infatti, sono tutt’altro che soddisfacenti, evidenziando non positivamente la sua esperienza politica all’interno delle amministrazioni. Un caso concreto e vicino a noi è quello di Cattolica, dove il centrosinistra arriva con un vantaggio di oltre 20 punti al ballottaggio con il sindaco uscente del M5S. Il voto di lista nelle grandi città, non lo premia nelle elezioni amministrative, soprattutto quando non vi è una competizione nazionale trainante. Per il Movimento, è giunto il momento di una riflessione sul proprio futuro che lo deve portare a una scelta di campo netta, a partire dalle alleanze.

Il Partito Democratico e il centrosinistra continuano a costruire e far crescere dai territori una classe dirigente responsabile, che si assume l’onere e l’onore della rappresentanza delle istituzioni. Caratteristiche che assumono un valore enorme. In più occasioni abbiamo obiettato come la crescita esponenziale di un partito o un movimento, porti al rischio di avere poi al suo interno un classe dirigente non all’altezza di governare la cosa pubblica. Il lavoro del nostro partito, invece, va nella direzione opposta e i sindaci rappresentano per noi il miglior investimento per i prossimi anni.

• Questo voto dovrà servirci da lezione per il futuro. Questo è un voto che ha caratteristiche di natura locale, pertanto sarebbe sbagliato pensare di riprodurre questi risultati nelle prossime elezioni politiche, considerando anche la non altissima partecipazione al voto: ma dovremo prendere sicuramente spunto da questa esperienza. Il giusto equilibrio tra la preparazione e la riconoscibilità dei candidati, la continuità delle buone pratiche amministrative, la responsabilità e l’identità del Partito Democratico possono essere la ricetta vincente per i prossimi anni.

REGGIO EMILIA

A Reggio Emilia, quello dell’amico Giorgio Zanni a Castellarano è stato un vero e proprio plebiscito. Il fatto che dopo cinque anni di buon governo, Giorgio possa vedere raddoppiare i voti a suo sostegno è un’ottima notizia; da giovane e promettente sindaco, è diventato oramai un amministratore rodato e capace, in forte sintonia con la sua comunità. 

Mi dispiace che Antonio Manari non possa essere di nuovo sindaco di Ventasso, ma certamente questa è una situazione politica, tutta locale, che deve fare riflettere molto tutti noi, ai fini di ricostruire un rapporto con le comunità che abitano il crinale reggiano che si è interrotto in questi anni. 

A Casina, si conferma evidentemente la buona posizione del sindaco uscente Costi; personalmente ho sostenuto Anna Fornili, e credo che il suo risultato sia comunque promettente, un buon punto di partenza: ci saranno nuove occasioni per testare le capacità di un bel gruppo di persone che a Casina, in un contesto sicuramente non favorevole, ha deciso di metterci la faccia. 

A San Martino, si riconferma Paolo Fuccio e credo che non ci siamo dubbi sulle sue capacità di amministrare il Comune con buon senso e umanità. 

A tutti i nuovi sindaci eletti vanno i miei complimenti sinceri e auguro loro buon lavoro.

Scrivetemi a info@andrearossipd.it

Un saluto

Andrea

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