Parte terza
L’attuale fine settimana è stato caratterizzato da due appuntamenti politici importanti, mentre a Montecitorio fervono i preparativi e gli allestimenti, per la corsa al Colle: il primo è vertice di centrodestra, che ha dato un primo via libera all’eventuale candidatura di Silvio Berlusconi, il secondo è la direzione del Partito Democratico, che di fatto ha dato un mandato al Segretario Enrico Letta e alle due capogruppo Debora Serracchiani e Simona Malpezzi di lavorare per un accordo sulla figura capace di raccogliere un ampio consenso dalle forze parlamentari, svolgendo quel ruolo primario di garante, non di parte, della nostra democrazia, immaginando anche un patto di legislatura tra le attuali forze di governo per affrontare le sfide difficili che il Paese ha davanti in questo 2022.
La scelta del centrodestra dal mio punto di vista non merita ulteriori commenti, basterebbe guardare la lettura fornita dei quotidiani internazionali rispetto alla proposta di Silvio Berlusconi, oltre all’idea del diritto di prelazione da parte del centrodestra sul nome da indicare rispetto all’imminente voto. Per queste ragioni vorrei riportare l’attuale situazione dei numeri dei grandi elettori per il voto del Presidente, ricordando che non è paragonabile con la situazione del 2013 e 2015, in quanto nella precedente legislatura la forza principale era il Partito Democratico, che contava 450 voti. Oggi quella situazione non sussiste perché, come giustamente ha ricordato il segretario nazionale Enrico Letta, il Parlamento attuale è un insieme di minoranze.
Se guardiamo quindi con attenzione i numeri, non solo delle singole forze politiche, ma dei due grandi schieramenti, vediamo come il centrodestra può contare su circa 455 grandi elettori, il centrosinistra allargato su 427 grandi elettori. Rimangono esclusi da questi 42 elettori di Italia Viva e 5 elettori di Azione e +Europa, oltre 54 elettori del gruppo misto, in pratica gli ex Grillini usciti dopo il nascita del governo Draghi. Come si evince, non esiste oggi in questo Parlamento alcun diritto di prelazione da parte di uno schieramento politico, ma la necessità di trovare una figura assolutamente non divisiva: non si ricorda a oggi un capo politico di un partito eletto alla presidenza della Repubblica, in quanto ovviamente figura di parte e nello stesso momento capace di rappresentare, in una situazione estremamente delicata, le Istituzioni agli occhi non solo dei nostri cittadini, ma delle organizzazioni mondiali e dei grandi Paesi europei.
A conclusione di questa giornata di diario sul Quirinale vorrei aggiungere una notazione storica: partendo da Cossiga, eletto nel 1985, prima ancora Pertini, poi Scalfaro, Ciampi, Napolitano e Mattarella, chiedo chi di questi si possa definire uomo di parte o capo politico.